venerdì 29 febbraio 2008

lunedì **

Era lunedì pomeriggio.
I due si tenevano per mano camminando sulla passerella di legno che costeggia il Rodano. Non c'era così tanta gente come di sabato, ma le persone non abbandonavano mai del tutto quel posto, nemmeno durante le giornate lavorative o quando il cielo era coperto e faceva freddo.
-Non ti sembra irreale tutta questa gente?
-Irreale.
-Dico, sembrano immagini finte. Come se non avessero vita autonoma. Come se esistessero solo in funzione del paesaggio.
-Già. Non ci avevo mai pensato.
-Senti che rumori tipici che fanno. Senti i roller, le biciclette, il clop-clop sulle assi della gente che corre. Ecco. Guarda quel bambino sulla sua Harley-Davidson elettrica e dimmi se anche lui nella sua originalità non sembra produrre il tipico rumore della sua presenza tipica.
-Sei in forma oggi.
-Non lo so. Mi sento strana. Però nemmeno io ci avevo mai pensato. E' che adesso mi risulta assolutamente chiaro. Sembra di vedere uno di quei progetti di Calatrava lasciati nelle piazze per mostrare alle persone come cambierà il paesaggio urbano. Se vedessi questo posto dall'alto ci potresti trovare esattamente le stesse persone nell'atto di fare esattamente le stesse cose che vedi ora mentre ci sei immerso.
-Può darsi, ma non credo che conti granchè. Mi piace molto qui. E' che le cose sono come dovrebbero essere, perciò nulla può veramente darti fastidio: sembra di starsene a casa. E poi succede una cosa strana, ma penso che sia così per tutti. Ogni volta che sono qui ho l'impressione che ci sia una musica di sottofondo ed è così piacevole che non potresti ricordarti le note se ci ripensassi, ma solo sapere che c'era. Non senti.
-Non proprio.
-Mi dispiace, avrei giurato che piacesse anche a te venire qui.
-Ci vengo da quando sono nata, ecco tutto.
-Anche io ci vengo da quando sono nato, ma so osservare. Dopo un po' occorre spendere del tempo perchè le stesse cose continuino a stupirti.
-Può darsi. Come può darsi che esista un limite.
-Non direi. Cara. Pensa a come cresce l'amore. Ieri hai scoperto che i nomi con cui lo chiamavi all'inizio non ti bastano più, ma lavorandoci intorno li vedi rimpicciolire attraverso la prospettiva di oggi, che vivi con la stessa intensità, ma che capisci meglio.
-Certo. Esiste un dizionario intero di parole e di combinazioni possibili per convincerci di quello che hai appena detto. Volendo può durare all'infinito. Basta fare il primo passo e tutto il resto viene da se; con i dovuti sforzi, è chiaro. Ma se ora non possiamo capirci è perchè tu parli di un limite che ti sta di fronte, mentre io parlo di quello che ho alle spalle.
-Non mi piace sentirti dire certe cose. Dovresti pensarci meglio prima di soffiare a vuoto su quello di cui non sai fare a meno.
-Ti va di parlarne più seriamente?
-Potremmo fare un sacco di cose più seriamente. Ma stiamo passeggiando e potremmo trovare situazioni più adatte.
-Caro. Devo riconoscere che, almeno, quel dizionario sai usarlo quando ti fa comodo.
-Sono uno studioso per qualcosa. Aspetta. Vieni.
In fondo alla passerella c'erano tre pescatori con i secchi d'acqua pieni di pesci. In un secchio i pesci nuotavano sotto i loro fratelli morti che stavano a galla e che avevano l'anello giallo degli occhi macchiato di sangue. Vicino erano appollaiati alcuni gabbiani tipici. Stavano sui pali a cui poi sarebbero stati infissi i cartelli che vietavano pesca e balneazione. Nessuno in quel periodo avrebbe potuto immaginare che cartelli del genere sarebbero apparsi così, tutto ad un tratto. Nessuno poteva immaginare il fiume inquinato. Quando si allontanarono dai pescatori, gli uccelli volarono via.
-Non mi hai mai spiegato il perchè della parola gabbiano.
-Avevi detto che ti annoiavo.
-L'avevo detto? Credevo di essermi limitata a pensarlo.
-Lo sai che non puoi avere segreti per me.
-Non riuscivi mai a farmi raggiungere dalle parole, continuavi a girarci intorno.
-Non ne sono stato capace con nessuno. Vedi, dopo averlo studiato, per me risulta immediato viverlo come gabbiano, ma so che non potrò mai trascinarlo in quanto tale nella tua vita, nel momento in cui lo pronuncio. E' una chiarezza frustrante. Forse l'otterresti anche tu se ci pensassi abbastanza.
-Sei su un terreno scivoloso.
-Tutt'altro. E' che non so cosa potrei aggiungere.
-So da chi hai ereditato questo modo per concludere un discorso su cui ti senti in difficoltà.
-Non ho molti amici, dopotutto.
-E sospetto anche che le idee sulla capacità di spendere del tempo per imparare a osservare meglio provengano dalla stessa fonte.
-Sei disonesta. Sai che ci piace parlarne, ecco tutto. Non è una trasmissione univoca, ci influenziamo a vicenda. Ad esempio io gli ho suggerito termini che lui prima non conosceva nemmeno. L'aspetto irritante è che, dopo che lui li ha fatti suoi, riesce a usarli meglio di me.
-In fondo ha più esperienza.
-E' più vecchio. Morirà prima.
-Vecchio. Sei giorni.
-Cinque, dipende da come conti le notti. Non c'è quella grande distanza, come vorrebbe far credere. Si compiace per poco. Non perde occasione per farmelo notare.
-Già. Gli piace stuzzicarti. In compenso l'ho sempre trovato molto discreto, non mi ricordo di una volta in cui abbia osato disturbarci.
-Fa parte del suo modo di essere, sebbene non sarei pronto a scommettere che sarà sempre così.
-E' un tipo particolare. A volte il modo innocente con cui si presenta mi fa persino paura se penso a quello che ha fatto.
-Sì, direi lunatico.
-Infatti. Ma alla fine tu credi di conoscerlo per davvero?
-Perchè me lo chiedi?
-Non saprei. Forse per lo stesso motivo per cui ora siamo qui a passeggiare, lo stesso per cui quella bambina porta un cappotto rosso e sta gettando pane alle anatre.
-Già. Non lo so. Non credo di conoscerlo come, ad esempio, posso dire di conoscere te. E' semplicemente diverso. Ho l'impressione che ogni volta che usciamo insieme, in un qualche modo, lui riesca a stupirmi. Mi accorgo di trovare degli aspetti del suo carattere che non sono come li ricordavo. Forse perchè si tratta di sfumature a cui non avevo mai pensato. Però è strano, perchè lo conosco da più tempo di te. E' solo che, se parlassi di te con qualcuno, potrei dire con sicurezza in che modo sei mia, cioè come ti vivo, mentre, se si trattasse di lui, credo che mi sembrerebbe di mentire; a me stesso prima di tutti.
-Sì. Ho avuto anche io una sensazione simile.
-Prendi il lavoro, ad esempio. Quando sono entrato nell'azienda ha voluto mettermi alla prova da subito. Diceva che avevo un ottimo curriculum vitae e per questo sentiva di potersi fidare di me. Non credo che fosse vero, ma non penso che mentisse. Piuttosto mi sembra che avesse deciso di illudersi sul mio conto. Come se quel giorno si fosse svegliato talmente bene da riuscire a influenzare positivamente qualsiasi cosa fosse accaduta. Però è stata un'eccezione. Cioè, non l'ho più visto comportarsi in un modo simile con nessun altro. E nemmeno con me ha più avuto slanci del genere. Tuttora si limita ad approvarmi, ritiene che me la cavi egregiamente. Però non ha mai smesso di chiedermi nel dettaglio i motivi delle mie scelte, anche quando ci incontriamo fuori dal lavoro.
-Non è un tipo che fa molta distinzione tra vita privata e lavorativa. E tu sei sempre stato sincero?
-Santo cielo, certo. Come fai a pensare che io possa mentire al mio migliore amico?
-Hai ragione. Però sto iniziando a pensare che lui non ti tratti proprio alla pari.
-Non saprei. Forse finora non ho voluto pensarci. Può darsi. Come mai ad un tratto ti sono venute tutte queste idee?
Si erano fermati, perdendosi in uno sguardo fisso. A ripensarci, dopo, si sarebbe giudicato irreale che le persone riuscissero a guardarsi così a lungo senza provare un forte disagio fisico.
Lì vicino le immagini dei passanti continuavano a scorrere, ma avevano smesso di fare rumore.
-Sei diversa oggi. Deve essere successo qualcosa, devi aver parlato con qualcuno. Avanti. Dimmi cosa stai pensando.
-Credo che sia questo stato d'animo. Può darsi che ti faccia piacere condividerlo, dopotutto. Non so ancora che effetto ha avuto su di me.
-Con chi hai parlato?
-Senti, non conta per adesso. Ci sono cose che dovresti sapere.



**Testo tratto dalla raccolta "Raymond Carver, Scritti Postumi"
ed Mondadori 2008, pp 139-143 €13,50